Una canzone d’amore nonostante l’egoismo

È incredibile come i treni e le stazioni siano fonte di riflessione o ispirazione. Aspettavo il famoso trenino, quello puzzolente e pieno d’odio. Vidi una signora, l’emblema dell’egoismo umano: aveva in braccio una bambina, sua figlia probabilmente, e si accese una sigaretta; la figlia, vittima del fumo passivo, piangeva. Pensai alla natura egoista dell’animale umano ma braccai questi pensieri: poco prima sul bus diretto alla stazione si sedette dietro di me una donna bellissima, mulatta con capelli chiari raccolti in mille treccine. Iniziò a cantare una canzone a me sconosciuta. Una voce angelica, una ninna nanna al contrario che risvegliò i miei sensi; pecco di egocentrismo ma quella donna sembrò cantare per me, sussurrava alle mie orecchie questa melodia accompagnata da parole d’amore. Le fui grata e fui contenta di non aver messo le cuffie: l’effetto fu lo stesso, smisi di sentire voci e rumori onnipresenti su qualsiasi autobus per ascoltare e carpire ogni parola, ogni nota di quella musica così dolce. Forse l’uomo non è sempre egoista, forse l’uomo non è sempre cattivo. Grazie donna, grazie per quella canzone d’amore.

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Quel treno puzza d’odio

Ero sul trenino-metropolitano che cavalca le ferrovie di Roma Nord. Quel trenino puzzolente, sì, più degli altri; quel trenino che collega la città eterna con i paesi di campagna, quasi ternani a sentir parlar la gente, eppure a due passi dalla grande metropoli. Una signora lamentosa disse: “sembra un carro bestiame questo treno!” Sorrisi. Volevo contraddirla dicendole che qui più che pecore era satollo di pecorari. Mi concentrai su un altro discorso, uno dei soliti discorsi noiosi di vecchietti berlusconiani che rimpiangono la Lira, mi feci beffa di quei due pensando al dio denaro dalle multi facce: euro, lira, sterlina, è forse uno degli dei più cattivi “esistenti” (o meglio ideologizzati), forse ancora più cattivo del dio cristiano. Interruppi i miei pensieri teologici e politici per dar spazio involontariamente ad un assordante suono. Entrammo in una galleria, il finestrino del treno era aperto, l’aria faceva attrito causando così uno stridio insopportabile, ho creduto per un momento di essere Winston, protagonista del celebre libro di Orwell 1984, nei due minuti d’odio: un’accozzaglia di urla, suoni stridenti, una cacofonia arrivata all’apice delle tolleranza di ogni orecchio umano. E forse i minuti d’odio esistono veramente, ma non sono solo due. Su quel treno c’era puzza d’odio: verso l’immigrato, verso la vecchia, verso la giovane studentessa, verso quello troppo alto o troppo grasso. Tutti odiano un qualcuno, per sentirsi meglio, credo. Finalmente scendo, la puzza d’odio svanisce, sento quasi profumo di libertà, ma svanisce subito anche quello, occupa le mie narici lo smog della metropoli e torno alla realtà

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Occhi lucidi.

Non capirà mai nessuno come ci si sente

a trattenere il vomito quando stai tra la gente;

Occhi lucidi, sguardo perso

allo stomaco un morso.

Nessuno si sforzerà a capire,

perché quello che importa è solo apparire.

Falangi e ginocchia arrossate,

occhi lucidi, sapore acido.

 

Anche forte potrei apparire

ma tu non cerchi di capire.

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Sai cos’è all’avanguardia?

L’essere se stessi senza preoccuparsi dell’apparire, l’essere se stessi senza indottrinamenti, fare scelte che ti rendono qualcuno – e non un qualcosa. L’amare veramente, l’amare tutto, il sole che sorge, le altre vite, amare il rispetto, amare chi vuoi senza paura del giudizio di alcuno. Ridere. Dimmi, chi ride più? A malapena si riescono a vedere sorrisi finti in giro, ma di persone che ridono ce ne sono più? Tutte vittime di qualche gabbia, che sia mentale, che sia la scuola, il lavoro. Come si può ridere senza tempo? Come si può essere spensierati se non vi è tempo per il divertimento? Vogliamo parlare della pace? Non parlo di quella pace da pacifici che porgono l’altra guancia. Parlo di quella pace che non si ottiene con la guerra, la pace che non si ottiene con un trattato. La pace. Ottenuta dallo spento desiderio di conquista e oppressione, ottenuta dall’abbattimento di confini mentali e geografici. Ecco cos’è all’avanguardia. Non si può sperare in una società migliore mirando a cambiare grandi cose quando ignoriamo quelle piccole che ci formano come individui che interagiscono in una società.

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19 Ottobre, amore e lotta. Ma quale lotta? Ma quale amore?

Le nostre mani si giunsero, dopo tempo che erano state distanti,
distanti per uno sporco destino;

Inizia il tanto atteso corteo: cori, urla, sorrisi complici, comparsa delle prime scritte

e i nostri occhi bramosi che si cercavano, si sono trovati
e un ti amo prima del ”BOOM”
e un bacio che sapeva di tessuto di kefiah;

Il cuore in gola a causa della corsa contro il capitale e contro il destino,
destino sporco proprio come il capitale.

Tutti credevamo che il 19 Ottobre sarebbe accaduto il caos,
che i cuori si sarebbero conciliati.

Una storia di amore e lotta.
Ma quale amore? Ma quale lotta?

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Dignità, scuola e libertà!

“Voi che andate a scuola avete una dignità in più rispetto a coloro che sono fuori seduti sul muretto a fumare.”-Professoressa di Lettere.

Ma la dignità di una persona si basa sul mestiere che fa? Quindi un disoccupato non ne ha? Qui il problema di fondo è il concetto che si ha di scuola e della sua utilità, il senso che si dà ad essa. C’è chi crede che la scuola serva ad acculturarsi, che il tuo grado di conoscenza si misuri in giudizi e voti che quasi mai sono oggettivi. La scuola ti istruisce, ti insegna cos’è la schiavitù, ti rende avvezz* a subire e ad ubbidire a gente che sta uno o due gradini più in alto di te. La scuola è lo specchio di questa società gerarchica e classista. La scuola è un carcere, un carcere che bracca la fantasia, la genialità, la creatività. Sei ore al giorno, per anni, tanti anni, troppi anni! Sei ore al giorno scandite da un’assordante campanella, sei ore dove qualcuno decide per te quando puoi mangiare, bere, pisciare e anche come vestirti. Sei sottoposto continuamente a giudizi e interrogatori da parte dei ”secondini” e da parte degli altri schiavi/carcerati/studenti… insomma chiamateli come più vi piace.

Mi rifaccio alla citazione della professoressa: e se sul muretto a fumare ci fosse il nuovo Einstein? Il nuovo Nietzsche? Il problema è la società capitalista in cui viviamo dove non c’è interesse a mandare avanti giovani menti acute, dato che l’intelligenza è difficile da controllare e manipolare, dato che l’intelligenza poi diventerà disubbidienza. Disubbidienza scomoda. Come può esserci dignità ove non c’è libertà?

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Eteronormatività da abbattere.

 Per eteronormatività si intende quel sistema di valori, credenze, relazioni sociali nella società  che privilegiano l’eterosessualità e la elevano a “sessualità di default”, dove al massimo omosessualità e bisessualità sono “variazioni” dalla norma.

Vi tolgo subito ogni dubbio: la critica all’eteronormatività non è una forma di ”eterofobia” (perdonatemi il neologismo), anzi! Quel che si critica è una forma lieve di omo/transfobia mascherata. Purtroppo essa è talmente radicata in ognuno di noi che prima o poi, involontariamente, esce fuori.
Classico esempio, il più banale e scontato: ad un uomo si chiede ”hai la fidanzata?” al contrario se è donna, dando così per scontato che il soggetto in questione sia etero mettendo in imbarazzo il tale che dovrà risponderti e giustificarsi.

Sarebbe bello poter dire che ciò non abbia conseguenze, che è solo una formalità, che non cambia nulla, eppure si vanno a creare delle situazioni sociali che bonariamente o meno portano alla discriminazione e alla stereotipizzazione. L’eteronormatività porta a pensare alla donna come un essere sensibile, dipendente, senza impulsi sessuali (in caso contrario non sono più donne bensì *troie*), l’uomo deve rispecchiare l’idea di macho, di colui che è sempre coraggioso, privo di emotività; porta ad avere un’idea generale di ciò che è “normale” avendo poi degli atteggiamenti di risentimento nei confronti di ciò che non consideriamo, appunto, “normale” (qui dovrei aprire una lunga parentesi parlando della relatività del normale ma dò per scontato che si sappia).

Dobbiamo cercare di abbattere l’eteronormatività e di sradicarla nelle menti dell’essere umano medio in quanto, nel peggiore dei casi (cioè quasi sempre) porta ad influire negativamente sulla salute mentale del ””””””diverso””””””””’ facendolo sentire un deviato, un malato o comunque uno che, anche se diverso, viene accettato (una delle peggiori forme di discriminazioni a mio avviso).

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