Quel treno puzza d’odio

Ero sul trenino-metropolitano che cavalca le ferrovie di Roma Nord. Quel trenino puzzolente, sì, più degli altri; quel trenino che collega la città eterna con i paesi di campagna, quasi ternani a sentir parlar la gente, eppure a due passi dalla grande metropoli. Una signora lamentosa disse: “sembra un carro bestiame questo treno!” Sorrisi. Volevo contraddirla dicendole che qui più che pecore era satollo di pecorari. Mi concentrai su un altro discorso, uno dei soliti discorsi noiosi di vecchietti berlusconiani che rimpiangono la Lira, mi feci beffa di quei due pensando al dio denaro dalle multi facce: euro, lira, sterlina, è forse uno degli dei più cattivi “esistenti” (o meglio ideologizzati), forse ancora più cattivo del dio cristiano. Interruppi i miei pensieri teologici e politici per dar spazio involontariamente ad un assordante suono. Entrammo in una galleria, il finestrino del treno era aperto, l’aria faceva attrito causando così uno stridio insopportabile, ho creduto per un momento di essere Winston, protagonista del celebre libro di Orwell 1984, nei due minuti d’odio: un’accozzaglia di urla, suoni stridenti, una cacofonia arrivata all’apice delle tolleranza di ogni orecchio umano. E forse i minuti d’odio esistono veramente, ma non sono solo due. Su quel treno c’era puzza d’odio: verso l’immigrato, verso la vecchia, verso la giovane studentessa, verso quello troppo alto o troppo grasso. Tutti odiano un qualcuno, per sentirsi meglio, credo. Finalmente scendo, la puzza d’odio svanisce, sento quasi profumo di libertà, ma svanisce subito anche quello, occupa le mie narici lo smog della metropoli e torno alla realtà

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