L’amore è cieco, l’oppressione no

Un uomo cieco era seduto poco lontano da me, attendeva assieme alla moglie e alla figlia il suo turno per chissà quale visita. Chiamarono il suo numero e, le sue movenze apparentemente scontate, attirarono la mia attenzione: l’uomo era sottobraccio alla moglie e andava dove lei lo portava, camminava alla velocità che lei decideva. Un bel gesto d’amore che mi ha fatto sentire cieca, che mi ha fatto percepire di vivere in un mondo di ciechi. Siamo realmente noi a decidere dove andare? Come andare? Siamo veramente noi a decidere della nostra vita? Siamo realmente liberi di scegliere? Credo di no. Mi sento cieca, mi sento schiava, mi sento legata. Mi sento schiava dell’immagine che decide per me cosa è bello, mi sento schiava degli stereotipi, dei soldi… Effettivamente però il sentirsi schiavi è un indice di libertà. Ma cosa mi rimane? Cosa devo fare per spezzare queste catene che in qualche modo ho costruito io? Soprattutto quello che mi chiedo è: e gli altri? E le persone che si sentono libere? Quelle realmente schiave? Se io riuscissi a liberarmi delle mie catene riuscirei a sentirmi libera? Probabilmente no. Quello che sogno non è la mia libertà perché finché esisterà anche solo un uomo ”in gabbia” nessuno sarà davvero libero.

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