Come si fa ad uccidere un ricordo? Come si fa ad uccidere il dolore?

L’ennesima nottata passata così, sull’orlo di un oblio; a piangere senza lacrime, a urlare senza voce. Per cosa? Per niente. Per scontare una pena di un peccato mai commesso.

Rifarsi una vita non è facile, scardinare l’abitudine di sentire quei passi la notte, quelle mani sui fianchi, quel puzzo agre che violenta le narici. E sentire tutto comunque, come se non fosse mai finito.

Dormire e sognare un’infanzia che non hai voluto, che non hai scelto. Svegliarsi e sognare un altro passato. Svegliarsi e rendersi conto che si sta vivendo la vita che è sempre stata desiderata. Ma… non basta. No, non basta per cancellare una vita di ricordi.

Rigirarsi nel letto, con gli occhi spalancati a fissare il vuoto e il suo sguardo vivo dentro di te, morto. Morto perché non vive più davvero.
Come si fa ad uccidere un ricordo? Delle sensazioni? Come si fa ad uccidere il dolore? Dolore del quale sei schiava da sempre, che non riesci a fare andare via.

Svegliarsi con te sopra di me, con le mani sul volto, con te, il mio scaccia incubi. Con lo sguardo che trema ma con le mani ferme, ad accarezzarmi. Con i tuoi occhi che urlano “io sono qui”. Ma non basta.
Ed è lì che ti accorgi che vivere nel passato è deleterio. Ma come si fa a cacciar via i fantasmi di una vita che sono appigliati al tuo cuore con artigli che ti graffiano l’anima? Come si fa?
Col tempo, forse. Col tempo, speriamo.

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